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Venezuela: La “Rivoluzione”

Di Washingtonpost.com, traduzione Barbara Bessone

Un articolo del Washingtonpost.com del 14 Gennaio 2005 | Domenica scorsa, centinaia di militari venezuelani pesantemente armati hanno invaso uno dei più estesi e produttivi allevamenti di bestiame del paese, sospinti da ciò che il Presidente Hugo Chavez rappresenta come la sua “guerra contro la ‘proprietà’. Il giorno successivo, Mr. Chavez firmava un decreto per il quale è da attendersi che le Autorità possano impadronirsi di altre fattorie nel corso della settimana. Questo assalto alla proprietà privata non è altro che l’ultimo gradino di quella che è stata la lesta scalata della “rivoluzione” del Presidente del Venezuela, che sta minando le fondamenta del sistema democratico e della libera d’impresa in quel paese produttore di petrolio.

La reazione dei paesi democratici vicini, nonché degli Stati Uniti va dalla passività al tacito incoraggiamento.

Nei quattro mesi scorsi, Mr. Chavez ha imposto una nuova legge che autorizza il governo a multare o anche chiudere i media privati per offese vagamente definite avverso “il potere pubblico”. I suoi sostenitori (nell’assemblea Nazionale ndt.) hanno messo in atto un nuovo codice legale che criminalizza le manifestazioni antigovernative; la gente che in segno di protesta continua a percuotere pentole e casseruole, come ha fatto per molti anni, può essere dichiarata passibile di prigione.

Il mese scorso Mr. Chavez ha gremito la Corte Suprema con la nomina di 17 nuovi magistrati, includendone uno che ha (recentemente ndt.) suggerito un emendamento della Costituzione che permetterebbe all’auto nominatosi leader “Bolivariano” di diventare Presidente a vita. Ex dirigenti di organizzazioni militanti nell’ estrema sinistra, tra cui uno che ha subito il carcere per avere sequestrato un uomo d’affari statunitense, stanno riversando risorse provenienti dagli ingenti ingressi petroliferi verso cooperative socialiste statalizzate.

Mr. Chavez, discepolo del presidente cubano Fidel Castro, ha anche accelerato il suo tentativo di riorientare la politica estera venezuelana fuori dall’ambito degli Stati Uniti e altre democrazie. Nelle ultime settimane ha fatto visita in Iran, Russia, Libia e Cina, oltre che a Cuba. A Mosca, ha detto che Venezuela avrebbe fatto un maggiore acquisto di armamento russo, includendo 40 elicotteri e 100.000 fucili. Secondo informazioni della stampa russa, Mr. Chavez potrebbe spendere $ 5 miliardi in armamenti, tra cui i moderni jet da combattimento MIG-29. Tale prospettiva ha allarmato la vicina Colombia, che recentemente ha arrestato un alto esponente delle FARC – organizzazione indicata come terrorista dagli Stati Uniti – che era stato accolto in Venezuela (e che era stato nazionalizzato illegalmente e registrato nelle liste di elettori, così come molti altri membri delle FARC e cittadini stranieri, che hanno contribuito a gonfiare fraudolentemente il registro degli elettori in pro di Chavez nel referendum del 15 agosto scorso ndt.).

Un generazione fa, sviluppi come questi in una tanto importante nazione latinoamericana avrebbero potuto provocare un duro e controproducente intervento degli Stati Uniti. Un decennio fa, altri governi latinoamericani sarebbero venuti in aiuto per riscattare la democrazia venezuelana. In questo mondo post 11 settembre non c’è stata virtualmente nessuna reazione. Gli Stati vicini del Venezuela, che potrebbero minacciare sanzioni in base alla carta democratica dell’Organizzazione degli Stati Americani, permangono in silenzio. L’amministrazione Bush, che occasionalmente emette dichiarazioni deplorando la politica di Chavez, ha prudentemente spronato I leader latinoamericani a prendere posizione, ma senza risultati. Alcuni funzionari dicono che è allo studio un approccio più attivo, ma uno scontro con Mr. chavez non sarebbe probabilmente ben accolto nelle capitali latinoamericane e forse neanche in Washington.

Lo stesso giorno che il Sig. Chavez ha firmato il decreto (di esproprio delle terre ndt.), tre senatori americani – due democratici e il repubblicano Lincoln D. Chafee – hanno dichiarato di essere favorevoli al miglioramento delle relazioni con il suo governo. “Tutto indica che ci saranno migliori tempi in futuro”, ha detto il Senatore democratico della Florida Bill Nelson, mentre il Senatore democratico del Connecticut Christopher J. Dodd ridimensionava la confisca delle terre a problema interno. E’ di “somma importanza”, egli ha dichiarato, “che ci sia continuità nell’afflusso di petrolio”.

La democrazia venezuelana non è poi così importante! così almeno sembra.



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