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HUGO CHAVEZ: L’UTILE IDIOTA ALLEATO DEL TERRORISMO

Di Nicola Currò

02.08.05 | Una folta delegazioni di funzionari venezuelani nei prossimi giorni sarà presente a Roma per officiare alla cerimonia con la quale Chàvez si autoproclamerà erede del Libertador Simon Bolivar, il ‘romantico’ rivoluzionario sudamericano fautore della lotta d’indipendenza dell’America Latina dalla Spagna. Da gran comunicatore qual è, Chàvez ha voluto che tale evento avesse la più ampia risonanza mediatica possibile e così, emulando in tutto e per tutto il suo illustre predecessore, ha violentemente attaccato la Chiesa cattolica.

In un articolo titolato “Chávez avvia la rivoluzione socialista insultando il cardinale”, Il Foglio, quotidiano sempre molto attento alle questioni sudamericane, indica con assoluta chiarezza l’orizzonte verso cui si sta avviando il Venezuela. Un orizzonte che preoccupa non poco il cardinale Rosario Castillo Lara. Intuendo tutti i possibili pericoli che la rivoluzione chavista potrebbe comportare, in un’intervista rilasciata al quotidiano ‘El Universal’, il prelato ha esortato il popolo venezuelano a disconoscere il Governo ricorrendo all’art. 350 della Costituzione ed ha giudicato le elezioni politiche del prossimo 7 agosto una “pantomima”. Un concetto questo che il cardinale aveva già espresso nell’ottobre scorso quando, sempre in un’intervista rilasciata a ‘El Universal’, definì “gravissima” la situazione socio-politica del Venezuela, non solo per l’aspetto fortemente populista, dittatoriale e autoritario del governo, ma anche è soprattutto perché il paese “si trova in una discesa e scivola progressivamente ma con molta fermezza verso un sistema completamente dittatoriale, collettivista, come quello che ha Fidel Castro a Cuba. E' la libertà che è in pericolo. La libertà è uno dei beni più sacri e importanti dell'essere umano. Questo governo ha voluto nascondersi sempre dietro ad un manto di democrazia, ma è un manto falso”.   La reazione di Chàvez alle parole del cardinale non si è fatta attendere e durante ‘Alò Presidente’, il suo consueto discorso televisivo domenicale, ha definito Lara un “bandito, immorale e buffone”, nonché “golpista con il diavolo in corpo” in grado di provocargli solo “schifo e tristezza”.

Infine, rincarando la dose, ha lasciato intendere che i rapporti tra il suo governo e il cardinale si deterioreranno ulteriormente e che, nonostante le richieste vaticane, sarà difficile mantenere buone relazioni con i cardinali che non si allineeranno con i suoi voleri. Proprio in questi giorni circolano voci di confisca di beni cui il cardinale potrebbe essere sottoposto.

Se dal fronte Vaticano, quindi, le notizie provenienti dal Venezuela non sono buone, le peggiori rimangono quelle provenienti dal fronte del terrorismo internazionale di matrice islamica. Potrà sembrare un’esagerazione associare il Venezuela al terrorismo islamico, ma il trionfo elettorale di Mahmood Ahmadinejad, eletto Presidente della Repubblica dell’Iran, e le dichiarazioni di Chavez sul diritto dell’Iran all’utilizzo dell’energia atomica dimostrano proprio il contrario. Secondo Lucia Annunziata, che su ‘La Stampa’ ha scritto un’interessante editoriale, «fra Caracas e Teheran da tempo si è stabilita una relazione, parte di una ridefinizione di molti giochi intorno all'energia, dopo la Guerra del Golfo. L'ex presidente iraniano Khatami ha visitato il Venezuela tre volte l'anno scorso, l'ultima solo pochi mesi fa». Ed è proprio durante quest’ultima visita, avvenuta in marzo, che tra i due paesi sono stati firmati una ventina di trattati di cooperazione, uno dei quali prevede la costruzione, sul territorio venezuelano, della Veniran, una presunta fabbrica di trattori che dovrebbe impiegare tecnologia cinese, dirigenti iraniani e mano d’opera venezuelana. Progetto questo che preoccupa sia gli Stati Uniti, sia Israele perché intravedono la possibilità che la Veniran non sia nient’altro che una copertura per far viaggiare fra Caracas e Teheran decine di agenti dei servizi iraniani e per trasferire in America Latina – in container che li presenteranno come pezzi per trattori – armi e munizioni per vari gruppi insurrezionalisti sudamericani, a partire da quelli colombiani. Quest’ultima ipotesi è suffragata da un accordo ratificato ai primi di aprile con la Russia, che fornirà al Venezuela 100mila kalashnikov AK-47. Armi particolarmente adatte ai guerriglieri e ai terroristi, ai quali presto si aggiungeranno altrettanti fucili simili forniti dall’Iran e fabbricati, a quanto pare, in Corea del Nord. Un video, visibile collegandosi al seguente link, non lascia dubbi circa l’utilizzo che di queste armi se ne sta facendo: simulazioni di guerra asimmetrica contro ipotetici invasori, nell’attesa di poterli usare in vere e proprie azioni di guerriglia urbana. A tal proposito sarebbe interessante sapere quanto il Governo spende per questo tipo di esercitazioni.

L’interesse dell’Iran per il Venezuela, del resto, non è un fatto dettato solo da contingenze politiche. Esso riveste un ruolo di importanza strategica nell’ambito del ben avviato processo di iranizzazione del Sud-America. Processo portato avanti da Ali Akbar Velatati, ex ministro degli Esteri di Teheran (lo stesso che nei Balcani condusse in porto un progetto simile), e che vedrebbe coinvolti  anche l’Argentina, l’Uruguay e il Brasile. Stati questi che da anni sono interessati da un forte flusso di immigrati provenienti dai Paesi arabi. Trattandosi perlopiù di immigrati sciiti libanesi, gli Hezbollah, nella loro veste di partito politico rappresentato nel parlamento libanese, hanno ritenuto opportuno, nonostante la forte opposizione USA, aprire uno spropositato numero di uffici con l’apparente intenzione di assicurare una vita dignitosa agli emigrati sciiti, ma che secondo fonti non ufficiali pare si tratti di luoghi di addestramento per futuri kamikaze.

La comunità internazionale è fortemente preoccupata anche per un altro motivo. Pare che uno di quei venti accordi stipulati a marzo tra i due governi preveda la concessione di un giacimento per l’estrazione di uranio nello stato di Falcòn. Considerando che da qualche tempo l’Iran manifesta la volontà di voler riprendere la produzione di uranio arricchito nella centrale di Isfahan e che in materia di armi nucleari allo stato attuale si è in assenza di un quadro di riferimento e di regole internazionali, essendo congelato il Trattato di non proliferazione, si capisce quanto siano sentite le preoccupazioni per questo scellerato accordo. L’uranio arricchito, infatti, rappresenta il primo passo verso la folle corsa alla produzione della bomba atomica. Questa in mano all’Iran, che dopo la vittoria di Ahmadinejad appare sempre più intransigente rispetto alla “amoralità” occidentale e con basi a due ore di volo da Miami, potrebbe risultare fatale per l’America e per il mondo intero.

Tutto questo a Chàvez sembra non interessare, così come sembra non interessargli il fatto che da quando è lui a governare, in Venezuela, come ha scritto Maurizio Stefanini,  si sono registrati “20 mila licenziati nell’industria petrolifera e 100 mila nell’indotto come rappresaglia per lo sciopero generale del dicembre 2002-febbraio 2003; tre milioni e mezzo di cittadini che avevano firmato per richiedere il referendum revocatorio, i cui nomi sono stati illegittimamente pubblicati sulla pagina web di un deputato chavista e che vengono oggi sistematicamente discriminati; 248 cittadini sotto processo per ragioni politiche; 60 per cento di piccole e medie imprese venezuelane fallite; + 74 per cento di indice di povertà”.

Se questi quindi sono i risultati conseguiti dalla rivoluzione bolivariana, giustificate appaiono le preoccupazioni del cardinale Lara. Comprendendo perfettamente che Chàvez, invece di pensare al benessere del proprio popolo, preferisce, accecato com’è dall’odio anti-americano, assecondare i progetti di chi pur di espandere l’Islam in tutto il mondo non esiterebbe a metterlo a ferro e fuoco.



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